II Biennale di arti visive

II Biennale di arti visive

01 al 31 Ottobre 2015

Juazeiro/Petrolina
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Assi del curatore:
1. il deserto rapito
2. Diluizioni e deificazioni (sconosciuto e irrazionale nel paesaggio)
3. Nucleo storico

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Supporto: Centro Culturale João Gilberto-Juazeiro, UNIVASF, House of the Wild Petrolina.

Adenilda Argolo
Ana Paula Maich
Andressa Monique
Antonio Carneiro Dourado
Bernadette Ferreira Farias
Caroline Moraes
Chana de Moura
Diogene il Grande
Elena Gruber
ERRORE Gruppo
Erivalda Filipe de Oliveira Anjos
Felipe Cidade
Fernando Quiterio
Gabriela Noujaim
Guilherme Bergamini
Helena Leo
Henrique Brands
Herbert Baioco
Icaro Lira
Jussara Pires
Luma Flores
Maicon Medeiros
Maira Vaz Valente
Marina Camargo
Mariana Guimarães
Porto di marcia
Lo sposo Brant
Mozileide Neri
Patricia Aguilar
Patrizia Geraldes
Moschea Patrica
Paola Scavazzi
Paolo Aureliano da Mata (CLA. eccessi)
Pedro Carneiro
Rafael Calixto
Renata Cruz
Rita Melo
Rodrigo Quintanilha
Shinji Nagabe
Susan Bravo
Thaieny giorni
Thyago Marao Villela
Tonil Braz
Xoxu
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Il deserto sarà l'art

Una Biennale d'Arte (effetti visivi, contemporaneo, storico) progettato e installato in un'area confinante con il Sertão (Brasile) sarà sempre succinto di attenzione e importanza per vari motivi, e poi il fatto primordiale è pensarlo in modo universale e attuale, opponendosi alle sue azioni manuali/ludico e umanistiche legate all'essere dell'uomo in questo ambiente e che non meno lo vive in modo brutale/arido, ignorante e vera la storia a suo tempo.

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Dalla veemenza di allitterare il luogo in relazione al suo spazio fisico, ampliando le sue interpretazioni e i suoi vincoli di questo luogo/globale a cui è coperto da mancanza di sospetto, alcune opere, perché vicine a un particolare universo del paesaggio, sono diventate a, poesia e sinomimia di questo vivere che per ora si spaccia per “abusi del paesaggio”, come stati di riserva e ibridi di permesso post-poetico al di là dei suoi margini.
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''Sedurre gli altri'' o incantare le tradizioni

Esse con un obiettivo, ora esacerbato dall'universalizzazione degli aggeggi post-media, ha trasformato i lamenti e le immagini sia dell'uomo sertanejo che delle preoccupazioni che sorgono da questo stato di percezione in "essere così", il fatto centrale e insieme periferico dell'insediamento condizionato del luogo/stabilimento fittizio, come un'enorme e ampia forza di interrogativi e domande che racchiudono e si intersecano nella gamma di opere che appaiono in questa mostra, che per singolari indicazioni appaiono come una corsa di barche, come smembramento mercuriale nella separazione dell'oro in sabbie aurifere.

Dalla vena 'sertão' nasce l'alibi degli incantesimi, immagini magiche, di tradizione medievale, arcaica, portoghese, barocco, come allucinazioni nella sfera del sacro, nella prospezione dell'immagine scattata, per sospetto, incinta, altrimenti, formalizzate in nuove diluizioni e deificazioni che vanno dall'incognito per rapporti di prossimità a continui divorzi di razionalità nel paesaggio o (des)viste dell'immagine. Questi 'stati' di resistenza sembrano culminare in un'arte coniugata a stadi percettivi, allitterazioni, ricettacoli di incognite, forte d'insinuazione in quanto predisposto alla sua immensità situata.

Pensare all'area del Sertão come a un percorso che attraversa diversi stati e comuni del Brasile rigurgita la Biennale 'itinerante' come addendum tra le altre biennali e formula la necessità di un nomadismo interculturale e orientato allo scambio tra artisti, studenti, educatori, fannulloni e altri di varie nazioni, sì alla Bienal do Sertão Internacional per le sue azioni, alludendo a un pensiero ampio e approssimativo tra artisti stranieri e locali, dell'unione delle arti tradizionali, classico e contemporaneo.

Sia dall'interno verso l'esterno che dall'esterno verso l'interno, è ciò che canta la canzone quando ci ricorda che il Sertão era e sarà un grande mare, di idee e creatività.

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